da “Viaggio in periferia San Polo si racconta” a cura di Lucia Marchitto
Sono le 10,30 del mattino, un mattino carico di luce e di calore, lei arriva, occhiali scuri, sorriso splendente, passo svelto, respiro affannoso, entriamo nel parco facendo concorrenza agli uccelli con le nostre parole. Cip, ci, ci cantano tra i rami.
A quest’ora ci sono poche persone che camminano tra i viali, una giovane coppia è seduta poco distante dalla nostra panchina, le fronde imponenti ci riparano dal sole, davanti a noi un laghetto, uno specchio d’acqua che il lieve vento non riesce a increspare ma che, come uno specchietto per le allodole, pare raffrescare l’aria.
Sedute di fronte, macchie di luce tremolano tra le foglie e si depositano sul suo viso, come pezzi di un puzzle che deve essere ricomposto, la guardo e ascolto il suo racconto.
Mi chiamo Maria e abito in via della Strada Antica Mantovana –
Maria è originaria di Salerno, arrivò a Brescia nei primi anni del 1980 e iniziò a lavorare alle Poste come impiegata. Ma nel quartiere arrivò soltanto qualche anno dopo.
Sono arrivata nel quartiere nell’83, prima della grande nevicata, sono andata ad abitare in via Tiziano nel palazzo delle poste perché lavoravo alle poste. Non c’era niente perché era un quartiere appena nato. Nel palazzo mi sono trovata subito bene, eravamo arrivati tutti nello stesso periodo quindi si è creato un po’ di solidarietà tra di noi, come succede tra chi arriva insieme nello stesso posto e deve affrontare gli stessi problemi. Mio marito faceva il caposcala, quindi conoscevo tutti quelli della scala. Mi trovavo bene anche se dicevano che il posto era un po’ malfamato e nessuno ci voleva venire. Eravamo in tanti meridionali anche nel palazzo, però a me andava bene così, non ho sentito nessun problema. Prima abitavo in una casa singola, in un quartiere già vecchio dove c’erano tutte le comodità e arrivare qui era come abitare in un quartiere dormitorio. Ero all’undicesimo piano ed era bellissimo, vedevo tutto il quartiere da sopra, l’esperienza bellissima è stata quella di vedere la nebbia sotto, la mattina ti alzavi e vedevi la nebbia di sotto e sopra non c’era nulla. –
Le scelte sono sempre difficili e a volte ci portano su strade accidentate che ci fanno tornare indietro, forse fu questo che successe a Maria che da Brescia se ne tornò a Salerno, la sua città, per ritornare a Brescia dopo un paio d’anni. Si stabilì prima in città e poi di nuovo alla torre e dall’undicesimo piano passò al quattordicesimo. Nel frattempo, il quartiere si era completamente sviluppato con servizi e negozi. A carnevale vestiva i suoi due bimbi e andava al Centro Margherita a festeggiare, lo ricorda con grande gioia e felicità. Visse anche di più il quartiere iscrivendosi a un corso di ballo alla cascina Aurora e a un corso di yoga alla Cascina Riscatto.
Successivamente, nei primi anni del 2000, comprò casa in via della Strada Antica Mantovana e lasciò la torre.
Eravamo in sette famiglie che abitavamo nella piccola schiera, ci siamo conosciuti, non dico che siamo diventati amici ma quasi, con la mia vicina lo siamo diventate. Quando siamo arrivati in questa via non c’era nulla, infatti i miei figli si ricordano del campo, delle rane, si sono divertiti da matti perché andavano fuori e giocavano tantissimo su quelle montagnole di terra. Il parco Ducos due è venuto dopo, i miei figli hanno vissuto molto il fuori. Alle elementari andavano a scuola in centro e poi per fargli vivere il quartiere li ho iscritti qua alla scuola media. –
Il primo dei suoi due figli non ha un buon ricordo della scuola media e neanche del quartiere in generale, frequentò gli scout, fu anche capo scout, venne in contatto con realtà poco piacevoli, molti bambini e ragazzi venivano da famiglie disagiate e si portavano dietro problematiche che si ripercuotevano sui loro comportamenti. In particolare, Maria ricorda un fatto:
Mio figlio aveva una bicicletta bellissima, era bianca e rossa, l’aveva parcheggiata davanti alla Chiesa di Sant’Angela Merici, quando ritornò a prenderla la ritrovò distrutta, era accartocciata, non abbiamo mai saputo perché e chi fosse stato. Lui sente la nostalgia del posto come ambiente verde, ma per quanto riguarda la scuola e i compagni non ha ricordi belli. –
Ora Maria è in pensione, si gode questo splendido parco dove insieme ad altre signore fa ginnastica all’aperto, le piace molto perché è un modo per stare insieme, per chiacchierare e scambiarsi delle cose, ogni tanto andare a mangiare una pizza o a fare una gita fuori porta.
Passa un gruppo di ragazzini con un insegnante, sono allegri e camminano svelti verso il sottopasso, il caldo si è fatto più intenso, la coppia è andata via, e noi siamo giunte alla fine dell’intervista che si conclude con queste parole:
Io non cambierei quartiere innanzitutto perché c’è questo parco, c’è questo verde tutto attorno che io amo. Da quando sono in pensione la mattina mi metto la mia cuffietta e vado a camminare nel verde, nella quiete e sento gli uccellini cantare. Sono appena tornata da Salerno, ci sono stata due settimane e non sopportavo più il rumore della città. Qui ci sono gli uccellini la mattina che fanno ci ci ci. Vorrei anche frequentarlo ancora di più, magari andare alla Caritas per fare qualcosa per gli altri, per vivere il quartiere nelle sue realtà. –
Ci alziamo, ci avviamo verso l’uscita, il suo viso nella luce si ricompone, noi due, come gli uccelli, cantiamo la canzone della nostra vita che si è fatta racconto.
Parco Ducos due, 20 giugno 2023
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