Il 1950 è tristemente ricordato per le disastrose alluvioni che colpirono il Polesine.
Anche San Polo ebbe, purtroppo, il proprio Polesine con le alluvioni dell’ex cava di via Vittorio Arici e del Chioderolo, causate dall’esondazione del Naviglio e del Garza.
Alluvione ex cava via Arici
Ricordi di Primo Gaffurini
“AI tempo lo via Arici era una strada sterrata di campagna, che si snodava fra due filari di alti alberi (soprattutto platani, ma anche olmi, ontani e salici) e delimitata da due canali irrigui (fossi). Seguendo un percorso, che rispecchia l’attuale, costeggiava nel tratto iniziale una vasta depressione, oggi quasi completamente occupata da abitazioni, che era una ex cava dismessa alla fine degli anni ’40. Persisteva una sola piccola cava, lo “draga” Alghisi, che funzionava con il carrello a fune, che dragava lo sabbia sotto il livello della falda acquifera, formando il caratteristico laghetto da cava, di cui era, ed è, costellato il suolo di San Polo. Allegato alla draga lo ditta Alghisi aveva anche un frantoio per lo produzione di bitume per l’asfalto delle strade. La cava si estendeva verso sud fino all’argine della “fossa”, un canale di derivazione dal Naviglio.
A detta di molti, all’epoca, l’eccessiva vicinanza dell’escavazione all’argine, lo indebolì e fu concausa del disastro awenuto. La depressione si estendeva a sud della via Arici dalla casa dei Pagani (ramo del “Borgo”) fino alla casa dei Cantaboni. Fra queste due abitazioni ve n’erano poche altre: lo casa dei Ghidoni (oggi Zanoni), lo casa dei Gaffurini {Gino} e lo casa degli Spagnoletti.
Tali abitazioni erano costruite sul fondo della depressione ed avevano lo parte abitata a livello della strada, tranne lo nostra casa (Gaffurini), abitata nella parte bassa perché non era ancora stato costruito il piano a livello strada.
L’autunno del 1950 fu caratterizzato da piogge torrenziali, che provocarono l’esondazione di vari fiumi. Tra questi anche il Naviglio. In via Arici riversò le proprie acque nella depressione ex cava, iniziando ad erodere l’argine della “fossa”, finché, in piena notte, cedette e le acque del Naviglio invasero lo depressione. Quella notte, sotto una pioggia torrenziale, con il fosso passante davanti a casa che straripava creando un torrentello lungo lo rampa di accesso alla nostra abitazione e l’acqua del Naviglio che iniziava ad invadere lo casa, fummo costretti ad abbandonarla. Caricammo le nostre povere e poche masserizie sul “Dodge” di “Bigiolu” Cantaboni e ci rifugiammo dai nostri parenti. “
Il giorno dopo agli occhi di chi passava in via Arici si presentava l’angosciante spettacolo di un lago su cui galleggiavano le cose non portate in salvo dalla nostra casa e dalle cantine delle altre abitazioni: tutta lo depressione era invasa da tre metri d’acqua. Solo dopo oltre un anno, riparato l’argine della “fossa”, potemmo ritornare a lavorare alla nostra casa per costruire il piano superiore. La “fossa”, il cui argine cedette, iniziava ad est del Cotonificio Schiannini, in località “discaric”, ove esisteva una chiusa che permetteva l’immissione dell’acqua del Naviglio nella “fossa” stessa. Essa alimentava turbine per lo produzione di energia elettrica per il Cotonificio e si ricongiungeva con il Naviglio poco oltre lo cava Alghisi.
Nella striscia di terra compresa fra Naviglio e “fossa” sorgevano il Cotonificio, la “Fabbrica”, piccolo nucleo di abitazioni di buona parte degli operai del cotonificio e un terreno coltivato.
“El salt del gatt” il “salto del gatto” inserire immagine
Nella parte terminale della striscia di terra di mezzo si era formato un cuneo boschivo: “la cuä” (coda) o “Boschetta”, regno di giochi di noi ragazzi della via Arici. Vi si accedeva, per i più coraggiosi, tramite una “liana” volante formata da vecchi copertoni di bicicletta, appesa ad un albero. La “fossa” (larga circa due metri), si superava al volo aggrappati alla “liana’: Non erano infrequenti i bagni dovuti ad errato calcolo dello stacco. Il calcolo matematico si sperimentava anche così. Nella “boschetta” “Gino Gafurì” in autunno al momento della “pasadä” (passo, migrazione) degli uccelli, erigeva il suo capanno da caccia, la cui costruzione era demandata a noi ragazzi, con nostra grande soddisfazione!!.
Allagamento Chioderolo
Nello stesso periodo il Naviglio esondava anche al Chioderolo, piccolo agglomerato di case ad nord-est del Borgo che sorge proprio all’incrocio fra Garza e Naviglio. Prima del ponte sul Garza esisteva, ed esiste tuttora, un attraversamento a sifone “el salt del gatt” (salto del gatto), un sistema di comunicazione dei canali, basato sul principio dei vasi comunicanti. Il Naviglio confluisce nel Garza al Chioderolo. Pochi metri prima della confluenza si divide formando un canale che sotto passa il Garza, appunto “el salt del gatt”. Questo canale andava poi ad azionare la ruota del mulino delle famiglie Bandera.

Negli autunni molto piovosi Garza e Naviglio esondavano, allagando le vicine case, che erano ad un livello inferiore alla strada.
Dalle memorie di Renato Lelio Saetti:
“L’attuale sponda del Garza era molto più bassa dalla parte della nostra casa. Quando Garza e Naviglio esondavano lo nostra casa era invasa da oltre un metro d’acqua. Si cercava di fermarla chiudendo lo porta, ma lo forza era tale che lo sfondava irrompendo in casa con una violenza da far paura. Per ovviare a questi frequenti disastri, dapprima mio padre costruì davanti alla porta d’ingresso una chiusa con guarnizioni, che potesse resistere alla furia dell’acqua.

Il sistema funzionò in parte. All’interno si rimaneva isolati e si doveva buttar fuori a secchi l’acqua che si infiltrava, ma i danni erano meno rilevanti. Era poi costruita una passerella di assi e cavalletti, che dalla strada arrivava alle nostre finestre: attraverso questa passerella la gente ci portava gli alimenti, finché le acque del Garza, diminuendo di livello, defluivano dal brolo che circondava lo nostra casa.
Più avanti negli anni innalzammo a spese nostre e delle famiglie Bandera, interessate dallo stesso preoccupante fenomeno, le sponde del Garza, ponendo fine all’angoscia che ci prendeva ad ogni autunno e, soprattutto, ai disagi e danni derivanti”
Tratto dal volume “Dal ciancol alla playstation”, di Primo Gaffurini e Umberto Gerola (2012). Si ringrazia Primo Gaffurini che ne ha concessa la riproduzione.
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