La saracinesca di Gino

da “Viaggio in periferia San Polo si racconta” a cura di Lucia Marchitto

Piccolo, magro, scattante. L’ho visto prima entrare ed uscire dall’ombra della cascina al sole del piazzale, ora si siede di fronte e me e parla. Anche le sue parole al pari delle gambe sono di corsa, escono con un filo di voce argentina, sembrano scivolare tra le labbra.

- Mi chiamo Gino, vengo da Vipiteno dove vissi fino all’età di diciassette, diciotto anni, poi per necessità lavorative di mio padre ci trasferimmo ad Iseo, ho vissuto lì per quarant’anni, poi ci siamo trasferiti in città, in via Valotti a Mompiano, ora sono qui vicino alla Poliambulanza, lì a Mompiano eravamo in affitto, qui abbiamo comprato casa e lo abbiamo fatto perché la casa ci è piaciuta molto, io abito poi in una zona dove c’è un parco enorme e tutta la zona si sta rivalutando tantissimo perché c’è l’ospedale. –

Gino era un imprenditore edile, sempre in movimento, sempre in giro per lavoro:

Ho lavorata dappertutto, tornavo a casa il sabato o la domenica, tutta la settimana stavo via. Poi ho voluto venire in città perché mi piace, non mi piace la montagna, non mi piace il paese piccolo, desideravo venire in città. Ho avuto una casa per dieci anni a Desenzano, bella! Però Desenzano o Iseo per me non c’è una grande differenza. Io ho voluto di mia iniziativa non guidare più la macchina perché per lavoro ho fatto tanta strada, stare in paese senza macchina … invece qui sono autonomo, mi muovo come voglio. –

E si muove soprattutto per andare in centro, ha una vita piena e anche un cane. Ci tiene a precisarlo, d’altra parte guardandolo si capisce che non è una persona che se ne sta sul divano a guardare la televisione. Fu il caso che lo portò qui in cascina, forse un amico con cui giocava a bocce, ci venne per un aperitivo e conobbe Silvana che lo convinse a fare il volontario.

-Io mi sono trovato bene qui con la Silvana. Qui c’è tanto da fare anche se adesso il lavoro è diminuito per via della società. Lei pensi che in vita mia io il thè non l’ho mai bevuto, qui faccio tanti di quei thè e qualche tonnellata di caffè! Prima avevo un’attività importante, piena di problemi, alti e bassi, andare in pensione … tiri giù una saracinesca e chiudi la vita. –

Tiri giù la saracinesca e chiudi la vita: sono come una pietra tombale le sue parole, il prima in cui non c’era mai tempo e il dopo del tempo vuoto, il prima: essere protagonisti produttivi nella società, il secondo: esserne fuori, con la sensazione di essere inutili, che tutto è finito, che non c’è futuro solo passato e il passato non lo puoi rivivere una seconda volta.

Ma poi succede qualcosa, un giorno va a giocare a bocce con un amico che lo porta alla cascina Riscatto per un aperitivo, incontra una persona e la saracinesca si alza, la vita ricomincia.

- È stato importante trovare la cascina perché mi ha dato la possibilità di essere impegnato il pomeriggio, se non avessi trovato qui, avrei dovuto trovarmi qualcosa sennò io divento matto, con la pensione si è creato un muro, qui ho trovato la serenità. Io sono qui per la Silvana, non ho legami particolari con nessuno, sono tutti amici ma niente di importante. Parto da casa all’una e un quarto e all’una e mezza apro io qui, ripetiamo sempre le medesime cose, qua è bello, so che trovo le determinate persone, che si gioca a scopa tutti i giorni e basta.

Non cambierei niente della mia vita che è abbastanza complessa, piena. –

Tornando a casa penso che il volontariato aiuta chi lo fa e chi lo riceve, e queste due storie, questi due volontari della cascina Riscatto, ne sono la prova.

Brescia, 31 maggio 2023

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